Silvano Baldi
RITRATTI
IMMAGINARI
DI SCRITTORI FAMOSI
A me stesso
ARIOSTO
Da solo, nel suo studio, l’Ariosto
spulcia le pagine del Pulci.
Vi mette una tale veemenza che quasi
quasi non se ne accorge.
Il suo studio è piccolo. Sorge dalle
parti di Ferrara, su una montagnola circondata da abeti. Intorno v’è un campo
di rape e raperonzoli.
Lo studiolo è pieno di dipinti.
Dalla finestra vede Orlando che scappa
con la sua Angelica, vede financo la strada che porta a Rovigo.
Ludovico, così lo chiama la madre,
mangia sempre alle sette in punto.
Mangia carote, e rape. In effetti, in
una sua satira, dice: in casa mia val meglio una rapa.
Dalla finestra Ludovico vede passare
anche la luna, ogni sera.
Certe volte la luna si ferma e lo fissa.
Lo sta a guardare con una dolcezza infinita. Lui, assorto, prende a fissarla.
Certe volte la stramaledice.
In ogni caso pensa che sulla luna vadano
a finire tutti i desideri degli uomini.
Ogni mattina l’Ariosto si alza e corre
per le vie di Ferrara. Passa il castello degli Este, lancia uno sguardo allo
studiolo di Isabella, ne fissa, con l’occhio, i contorni delle finestre.
Va in giro con una bici vecchia,
prestata da un amico pensando ad Angelica e Medoro.

MANZONI
Il Manzoni conosce tutte le sconcezze
che attraversano questa terra. Le sa a memoria. Ogni tanto esce un calepino
dalla sua palandrana e scrive.
Di solito scrive sotto il portico di San
Lorenzo, dove ogni sera si riuniscono drogati e prostitute.
Ogni volta scrive per qualcuno. Scrive
per sua sorella e per suo fratello. Scrive per Enrichetta o per sua madre.
Alessandro passa ogni giorno dal
mercato. Vi incontra personaggi immaginari, certe volte vede passare un
Adelchi, certe volte un’Ermengarda.
Soffre maledettamente di insonnia.
Soffre di gastrite, di ulcera, di idropisia.
La domenica fa delle bellissime gite in
barca sul lago di Como.
Vi incontra le pulzelle che più lo
affascinano. Incontra una Lucia, un’Agnese, una Gertrude, una Perpetua. Dalla
sua finestra si vede una piazzetta con un acciottolato bellissimo. E' Monza,
dai contorni dorati e le vie lastricate di rosso. Osserva i rosoni delle chiese
e lì immagina che la povera Gertrude pianga di un pianto incontenibile.
Ogni giorno conta le pietre prima di
scrivere. Ogni giorno, da una pietra, ricava una storia. Le pietre cambiano
colore al variare delle ore. Il muschio fra le pietre pare gli abbia suggerito
il manoscritto della peste.

PETRARCA
Ser Petracco era di bassa statura.
Le donne gli si adiravano contro perché
era restio.
Un giorno conobbe una pulzella
meravigliosa di nome Laura. La portò in un capannone e le fece vedere cose
dell'altro mondo. Pare che di Laura si fosse innamorato perdutamente. Un giorno
Laura morì e per cui scrisse una miriade di sonetti in vita e in morte di
Laura.
Portò la canzone al massimo del suo
sviluppo. Leggeva Dante tutte le sere. Sia quando soggiornava a Chiusi sia
quando soggiornava ad Arquà.
Ma
se Laura fosse solo l'aura di Firenze?… Petrarca come segreto, come ipostatizzazione
del rimosso, del silenzio.
Petrarca
come odore di santità, di morte, di disfacimento. La Laura che descrive è
centocinquanta volte presente e centocinquanta volte assente. E’ il
barcamenarsi delle presenze. Petrarca come segreto, come ipostatizzazione del
rimosso, del silenzio.
Petrarca
come odore di santità, di morte, di disfacimento. La Laura che descrive è
centocinquanta volte presente e centocinquanta volte assente. E’ il
barcamenarsi delle presenze.

PASCOLI
Pascoli nacque a San Mauro di Romagna.
Perse il padre la notte di San Lorenzo e
questo fu per lui un lutto gravissimo. Scrisse cose mirabili come per esempio
Myricae e i canti di Castelvecchio. Fu un abilissimo insegnante, tanto che
teorizzò "il fanciullino", una sorta di trattato paideutico ante
litteram.
A lui dobbiamo il dolce verso delle
ninne nanne, le ciaramelle, le descrizioni meravigliose dei voli di passerotti
e fringuelli, i voli di rondine, i cu cu degli assiuoli, e la descrizione di
tantissimi altri richiami della natura.
Fu insegnante a Messina e durante quel
periodò conobbe una ragazza di nome Eleonora.
Di lei il Pascoli si innamorò così tanto
da far rabbrividire di gelosia tutte le altre alunne. In effetti era adorato da
tutte le fanciulle delle classi. Durante il soggiorno messinese scrisse delle
cose mirabili.
Preferiva scrivere la notte, nel suo
scrittoio affacciato sul golfo di Messina, IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS…
Le cose più belle infatti hanno il ritmo
delle onde del mare di Messina. Il Pascoli ebbe un'infanzia piuttosto
travagliata.
A sei anni gli nacque una sorella e
questo lo colpì parecchio.
Udiva suoni strani, ogni mattina e
infatti trasferì questa sorta di udito potenziato sulla pagina. Le sue pagine
sono infatti intrise di melodie accuratissime e talvolta arcane, e s'aprono i
fiori notturni nell-ora che penso ai miei cari/sono nate in mezzo ai viburni le
farfalle crepuscolari.
Dopo Messina raggiunse Reggio Calabria e
vi sostò alcuni mesi. Fu lì che sposò Gertrude Fici, figlia di un commerciante
di materiale edile. Morì a sessantotto anni di idropisia.

MACHIAVELLI
Nella Firenze dilaniata dalla guerra
nacque Niccolò Machiavelli. scrisse il Principe mentre era al servizio di
Lorenzo il Magnifico.
Fu anch'egli un attimo pedagogo. In
effetti il principe racchiude dei precetti meravigliosi per un qualsivoglia
giovine condottiero.
Fu al servizio dei Gonzaga e a Mantova
soggiornò varie volte. Prese una volta una carrozza da Firenze a Pulci e pare
che in quel viaggio vi incontrò una dolcissima pulzella di nome Anna.
Durante quel viaggio si fratturò una
gamba e perse molto sangue. Un altro viaggio ancora lo fece quando era sotto i
Medici.
Fu in quel viaggio che sbandando la
carrozza si infilzò un punzone nella caviglia, perse così tanto sangue che dopo
alcune settimane morì di infezione.
In effetti il punzone era molto
arrugginito.
Alla sua morte tutte le campane di
Firenze suonarono un coro di Ave Maria che ancora oggi alcuni dei morti di
San……….. se lo ricordano.

PULCI
Pulci scrisse la sua storia, piena di
sottintesi e paure, una glabra mattina di Giugno. VI mise dentro l'impossibile.
LE mani scorticate della cugina, il rospo roboante di suo zio. Era
innamoratissimo.
Quel giorno Firenze era piena di
declamatori che urlavano per le strade i versi dell'Ariosto e del Boiardo, gli
Orlandi innamorato e furioso.
Tutti si accalcavano per le strade a
sentirli. V'era un bislacco tormento d'animo nei cuori degli astanti.
Avevano appreso da poco della morte di
Niccolò I de' Medici. Per cui tutti a piangere e a disperarsi. Ascoltavano
dunque le rime del Boiardo alla Vaccareccia, al maialino, a via de Tornabuoni,
a Calzolai.
Tutti a rimirar le gesta di Orlando e
Rinaldo.
Che cielo quella notte che il Pulci
incontrò la sua bella Arianna. Tutto il cielo gongolava di stelle.
Le pareti delle case erano rosse come lo
stemma della Garfagnana.
V'era una quiete assoluta. Gli stemmi
sfolgoravano. In quel; tempo il Pulci s'innamorò di Arianna e per cui cominciò a
descrivere gli amori fortunati d'Angelica e Medoro, e di Angelica e Orlando.
Da quel momento la storia letteraria ne
sarebbe uscita pregna di novità e incertezze e tranelli.
La storia d'Angelica e Leonardo segnava
un passo importantissimo nei cuori dei fiorentini. Per cui tutti si
complimentavano l'un con l'altro. Che quiete! Dall'unione di Arianna e il Pulci
nacquero tre bambini meravigliosi. Ancora oggi la stirpe del Pulci, sbarcata
anche in Sicilia continua florida e fiorente.

BEMBO
Tutto, nella casa del Bembo è fiorente
ricco e dolce.
La madre una certa Graziosi ne aveva
fatto della casa una chiesetta. E per cui tutti che si adoperavano per
imbandirla e adornarla. Era veramente un
bellissimo regno del buon gusto. Il padre, un guerrafondaio di second'ordine,
tutto dedito ai salamelecchi alla corte. Aveva un amico il Bembo, di nome
Gustavo che gli restò fedele tutta la vita.
Nella giovinezza sperperò i denari al
trotto e al galoppo.
In vecchiaia s'innamorò di una certa
Gertrude, di cui non si seppe mai il perché da lei non ebbe figli.
Usciva tutti i santi giorni con una
bisaccia al posto della spalla destra che teneva caduca.
Al posto del mangiare al mezzodì
preferiva restare chiuso in cantina a scrivere e far di conto coi creditori.
Era di statura elevata.

BOCCACCIO
Boccaccio
come liberazione dei sensi, come parossismo indiscriminato di racconti e di
mangiare e di novelle. Come un convivio gay, come tutta la licenza messa
assieme, come un ballo a cui sono stato invitato da Giulio e gli altri.
Giovanni Boccaccio come parodia della vita, come allontanamento mastodontico
dalla morte.
Tutto
è vita, incastro, fiuto, divertimento. Boccaccio scrive delle feste. Scrive delle grandi mangiate. Scrive delle
grandi abbuffate in quel di Firenze, dove dieci tra uomini e donne si
riunirono per scampare alla peste del 1348.

POLIZIANO
Poliziano
come il trionfo della morte, della puissance ancestrale e incognita, come
mistero.
Poliziano
come visione della morte, della coppa, della giostra.

DANTE
Dante
è il tempo che scorre. Il tempo che si fa vita e morte assieme. Canta come un
trovatore e un troviere. Per scrutarlo basta osservare la dolcissima moneta da
due euro. Ma quanto alloro…

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