lunedì 13 febbraio 2012

COMMENTO A "UNA SPLENDIDA FOLLE SERATA" DI GIORDNO GIACCONI ABELBOOKS


Grande romanzo, di respiro pirandelliano, quello che Giacconi ha scritto per Abelbooks, che inizia con la presenza di un virus per risolversi, nel secondo capitolo, in una saga familiare e in un dagli alle banche, con accumuli consoliani.
Cristian è scrittore, la sua padrona l’editore.
Gradevolissimo il depaysement letterario, attuato con lo scrivere in maiuscolo le cose più importanti, come l’osteria e la signora. E sono proprio questi due topoi, osteria e signora, a far da ossatura al romanzo che si conclude poi con un pamphlet ad usum potentorum, che si scaglia con una serie di oggettive sulla nostra società di oggi.
Giacconi prende di mira il potere.
Christian è scrittore e sulla pagina d’inizio  fonda l’ossatura del libro.
Respiro pirandelliano, dicevamo, perché è gioco di specchi e rimandi questo romanzo, gradevolissimo, che consiglio a tutti di leggere.
C’è un” -gli”per un “loro” ma questo lo perdoniamo.
Un po’ noiosa la parte centrale che pesca troppo da storie che si vedono appena.
Incantevole la fine, il trentacinquesimo capitolo, con l’invettiva contro il potere con la P maiuscola.
Una splendida folla serata è un romanzo dentro al romanzo, un spirale conica, un caleidoscopio impazzito.
Cristian, la lunghezza e il numero dei capitoli, potrebbe far assomigliare il libro a una Divina Commedia borghese.
E in effetti gli ingredienti ci sono tutti. Il depaysement, i nomi dei personaggi e le volute ampie e canoniche delle frasi.
Lo stile è moderno, nel senso che non cede a inflessioni postmodernsitiche né a giochi alla Nove, con depiazzamenti troppo marcati. Si potrebbe definire moraviano o ultimo-pasoliniano.
Non si perdona, alla fine, che una cosa. L’accumulo di intenzioni non giova a un romanzo, un romanzo deve essere piano come una macchia d’olio nel mare calmo. Pirandello  ne” L’esclusa”, che molto ha a che vedere con la figura femminile del romanzo, dice una cosa sola. 
Giacconi ne dice tante  e in tanti stili. Io gli consigliere l’invettiva  (e ci si chiede se il Nostro non abbia intrapreso talvolta studi giuridici) e lo stile epistolare.
E si, perché il tono è quello di un’arringa, di un avvocato alle prese con un mondo che non sente suo e di cui vuole pagato il conto.

Silvano Baldi



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