mercoledì 4 gennaio 2012


Silvano Baldi











RITRATTI IMMAGINARI 
DI SCRITTORI FAMOSI













































































A me stesso






























ARIOSTO
Da solo, nel suo studio, l’Ariosto spulcia le pagine del Pulci.
Vi mette una tale veemenza che quasi quasi non se ne accorge.
Il suo studio è piccolo. Sorge dalle parti di Ferrara, su una montagnola circondata da abeti. Intorno v’è un campo di rape e raperonzoli.
Lo studiolo  è pieno di dipinti.
Dalla finestra vede Orlando che scappa con la sua Angelica, vede financo la strada che porta a Rovigo.
Ludovico, così lo chiama la madre, mangia sempre alle sette in punto.
Mangia carote, e rape. In effetti, in una sua satira, dice: in casa mia val meglio una rapa.
Dalla finestra Ludovico vede passare anche la luna, ogni sera.
Certe volte la luna si ferma e lo fissa. Lo sta a guardare con una dolcezza infinita. Lui, assorto, prende a fissarla. Certe volte la stramaledice.
In ogni caso pensa che sulla luna vadano a finire tutti i desideri degli uomini.
Ogni mattina l’Ariosto si alza e corre per le vie di Ferrara. Passa il castello degli Este, lancia uno sguardo allo studiolo di Isabella, ne fissa, con l’occhio, i contorni delle finestre.
Va in giro con una bici vecchia, prestata da un amico pensando ad Angelica e Medoro.



















MANZONI


Il Manzoni conosce tutte le sconcezze che attraversano questa terra. Le sa a memoria. Ogni tanto esce un calepino dalla sua palandrana e scrive.
Di solito scrive sotto il portico di San Lorenzo, dove ogni sera si riuniscono drogati e prostitute.
Ogni volta scrive per qualcuno. Scrive per sua sorella e per suo fratello. Scrive per Enrichetta o per sua madre.
Alessandro passa ogni giorno dal mercato. Vi incontra personaggi immaginari, certe volte vede passare un Adelchi, certe volte un’Ermengarda.
Soffre maledettamente di insonnia. Soffre di gastrite, di ulcera, di idropisia.
La domenica fa delle bellissime gite in barca sul lago di Como.
Vi incontra le pulzelle che più lo affascinano. Incontra una Lucia, un’Agnese, una Gertrude, una Perpetua. Dalla sua finestra si vede una piazzetta con un acciottolato bellissimo. E' Monza, dai contorni dorati e le vie lastricate di rosso. Osserva i rosoni delle chiese e lì immagina che la povera Gertrude pianga di un pianto incontenibile.
Ogni giorno conta le pietre prima di scrivere. Ogni giorno, da una pietra, ricava una storia. Le pietre cambiano colore al variare delle ore. Il muschio fra le pietre pare gli abbia suggerito il manoscritto della peste.
















PETRARCA

Ser Petracco era di bassa statura.
Le donne gli si adiravano contro perché era restio.
Un giorno conobbe una pulzella meravigliosa di nome Laura. La portò in un capannone e le fece vedere cose dell'altro mondo. Pare che di Laura si fosse innamorato perdutamente. Un giorno Laura morì e per cui scrisse una miriade di sonetti in vita e in morte di Laura.
Portò la canzone al massimo del suo sviluppo. Leggeva Dante tutte le sere. Sia quando soggiornava a Chiusi sia quando soggiornava ad Arquà.
Ma se Laura fosse solo l'aura di Firenze?… Petrarca come segreto, come ipostatizzazione del rimosso, del silenzio.
Petrarca come odore di santità, di morte, di disfacimento. La Laura che descrive è centocinquanta volte presente e centocinquanta volte assente. E’ il barcamenarsi delle presenze. Petrarca come segreto, come ipostatizzazione del rimosso, del silenzio.
Petrarca come odore di santità, di morte, di disfacimento. La Laura che descrive è centocinquanta volte presente e centocinquanta volte assente. E’ il barcamenarsi delle presenze.















PASCOLI

Pascoli nacque a San Mauro di Romagna.
Perse il padre la notte di San Lorenzo e questo fu per lui un lutto gravissimo. Scrisse cose mirabili come per esempio Myricae e i canti di Castelvecchio. Fu un abilissimo insegnante, tanto che teorizzò "il fanciullino", una sorta di trattato paideutico ante litteram.
A lui dobbiamo il dolce verso delle ninne nanne, le ciaramelle, le descrizioni meravigliose dei voli di passerotti e fringuelli, i voli di rondine, i cu cu degli assiuoli, e la descrizione di tantissimi altri richiami della natura.
Fu insegnante a Messina e durante quel periodò conobbe una ragazza di nome Eleonora.
Di lei il Pascoli si innamorò così tanto da far rabbrividire di gelosia tutte le altre alunne. In effetti era adorato da tutte le fanciulle delle classi. Durante il soggiorno messinese scrisse delle cose mirabili.
Preferiva scrivere la notte, nel suo scrittoio affacciato sul golfo di Messina, IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS…
Le cose più belle infatti hanno il ritmo delle onde del mare di Messina. Il Pascoli ebbe un'infanzia piuttosto travagliata.
A sei anni gli nacque una sorella e questo lo colpì parecchio.
Udiva suoni strani, ogni mattina e infatti trasferì questa sorta di udito potenziato sulla pagina. Le sue pagine sono infatti intrise di melodie accuratissime e talvolta arcane, e s'aprono i fiori notturni nell-ora che penso ai miei cari/sono nate in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari.
Dopo Messina raggiunse Reggio Calabria e vi sostò alcuni mesi. Fu lì che sposò Gertrude Fici, figlia di un commerciante di materiale edile. Morì a sessantotto anni di idropisia.















MACHIAVELLI

Nella Firenze dilaniata dalla guerra nacque Niccolò Machiavelli. scrisse il Principe mentre era al servizio di Lorenzo il Magnifico.
Fu anch'egli un attimo pedagogo. In effetti il principe racchiude dei precetti meravigliosi per un qualsivoglia giovine condottiero.
Fu al servizio dei Gonzaga e a Mantova soggiornò varie volte. Prese una volta una carrozza da Firenze a Pulci e pare che in quel viaggio vi incontrò una dolcissima pulzella di nome Anna.
Durante quel viaggio si fratturò una gamba e perse molto sangue. Un altro viaggio ancora lo fece quando era sotto i Medici.
Fu in quel viaggio che sbandando la carrozza si infilzò un punzone nella caviglia, perse così tanto sangue che dopo alcune settimane morì di infezione.
In effetti il punzone era molto arrugginito.
Alla sua morte tutte le campane di Firenze suonarono un coro di Ave Maria che ancora oggi alcuni dei morti di San……….. se lo ricordano.












PULCI

Pulci scrisse la sua storia, piena di sottintesi e paure, una glabra mattina di Giugno. VI mise dentro l'impossibile. LE mani scorticate della cugina, il rospo roboante di suo zio. Era innamoratissimo.
Quel giorno Firenze era piena di declamatori che urlavano per le strade i versi dell'Ariosto e del Boiardo, gli Orlandi innamorato e furioso.
Tutti si accalcavano per le strade a sentirli. V'era un bislacco tormento d'animo nei cuori degli astanti.
Avevano appreso da poco della morte di Niccolò I de' Medici. Per cui tutti a piangere e a disperarsi. Ascoltavano dunque le rime del Boiardo alla Vaccareccia, al maialino, a via de Tornabuoni, a Calzolai.
Tutti a rimirar le gesta di Orlando e Rinaldo.
Che cielo quella notte che il Pulci incontrò la sua bella Arianna. Tutto il cielo gongolava di stelle.
Le pareti delle case erano rosse come lo stemma della Garfagnana.
V'era una quiete assoluta. Gli stemmi sfolgoravano. In quel; tempo il Pulci s'innamorò di Arianna e per cui cominciò a descrivere gli amori fortunati d'Angelica e Medoro, e di Angelica e Orlando.
Da quel momento la storia letteraria ne sarebbe uscita pregna di novità e incertezze e tranelli.
La storia d'Angelica e Leonardo segnava un passo importantissimo nei cuori dei fiorentini. Per cui tutti si complimentavano l'un con l'altro. Che quiete! Dall'unione di Arianna e il Pulci nacquero tre bambini meravigliosi. Ancora oggi la stirpe del Pulci, sbarcata anche in Sicilia continua florida e fiorente.








BEMBO

Tutto, nella casa del Bembo è fiorente ricco e dolce.
La madre una certa Graziosi ne aveva fatto della casa una chiesetta. E per cui tutti che si adoperavano per imbandirla e adornarla. Era  veramente un bellissimo regno del buon gusto. Il padre, un guerrafondaio di second'ordine, tutto dedito ai salamelecchi alla corte. Aveva un amico il Bembo, di nome Gustavo che gli restò fedele tutta la vita.
Nella giovinezza sperperò i denari al trotto e al galoppo. 
In vecchiaia s'innamorò di una certa Gertrude, di cui non si seppe mai il perché da lei non ebbe figli.
Usciva tutti i santi giorni con una bisaccia al posto della spalla destra che teneva caduca.
Al posto del mangiare al mezzodì preferiva restare chiuso in cantina a scrivere e far di conto coi creditori.
Era di statura elevata.


















BOCCACCIO
Boccaccio come liberazione dei sensi, come parossismo indiscriminato di racconti e di mangiare e di novelle. Come un convivio gay, come tutta la licenza messa assieme, come un ballo a cui sono stato invitato da Giulio e gli altri. Giovanni Boccaccio come parodia della vita, come allontanamento mastodontico dalla morte.
Tutto è vita, incastro, fiuto, divertimento. Boccaccio scrive delle feste.  Scrive delle grandi mangiate. Scrive delle grandi  abbuffate in quel di Firenze, dove dieci tra uomini e donne si riunirono per scampare alla peste del 1348.























POLIZIANO
Poliziano come il trionfo della morte, della puissance ancestrale e incognita, come mistero.
Poliziano come visione della morte, della coppa, della giostra.










































DANTE
Dante è il tempo che scorre. Il tempo che si fa vita e morte assieme. Canta come un trovatore e un troviere. Per scrutarlo basta osservare la dolcissima moneta da due euro. Ma quanto alloro…
































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