sabato 17 luglio 2010

POESIE SICILIANE

A Gabriele D’Annunzio con amore










GABRY
O questo tuo sorrisetto di Maggio
Che già discolora
Nella tenzone del mattino
Vive romito come un pino
Ch’acerbe ha le braccia
E il tronco di lino che par
Che discolori ogni qual volta ne la sera
Tenevam le nostre ascose cure
Dietro il platano e il piangente salice
E davanti al grano e alla brumosa felce.

La gente non dice quel che ti sia inante
Se non la sera inante la bufera
Perciò ti sian fresche queste mie parole
ne la sera…

Sento i sospiri della mia amica gente
Che mente sempre alla mente.
Siciliani unitevi nel solleone del mattino
Ch’ha da venire un vorticoso giro
Di feste e balli e canzonette
Che si leveràn stanche ne la sera
Berlinese co’ le festuche e le ragadi
In testa, o mia dolce menomata terra.



.













SONETTO

Ritrovo nelle boschive sorgenti
che mi riportano al cimitero di Sant’Orsola
Dei sogni audaci di ballerino
Finito da un Po e da un rivo sconosciuto

Immensamente grato
Per il sonetto augurante
Che se lo metti a lato
La prosa uscirà inante

E poi veder nella terzina
La fine d’ogni vita, d’ogni Cristo
Beddazza benedettissima terzina

Che sei meno odiosa de la sestina
Ma più intrigante per lo schema visto
E per l’appararsi de la rima.



















MERIGGIO SICILIANO

Poetare per lo mezzo del meriggio siciliano
Pensare a un Quasimodo e a uno Sciascia
Sotto il focolare. De la terra gialla
Di epistème e di pidocchi

Punita terra di Trinacria.


Sono come il maestro egiziano che stirava
L’ore fustigando fanciulli con la scopetta mr. B.









SETTEMBRE

O turbine soave di settembre
Ch’alligni i pini con severa dedizione
La tua sera mi s’addice
Come la calma di Giugno s’addice all’aratore
Ch’avrà da raccogliere la fatica del suo lavoro.

Ricordi i gravi compleanni di Rosalba
Ebbra di terrore per la morte
Di sua sorella Prone
E Filomela tesseva al limite de la tela
Con la sua barba inerme e il verso
Soave di Settembre ch’ardea nella rugosa foce
De l’ardore panniciano.

E il lauro dispariva a la venuta
E ‘l mirto piangea la dipartita
Di quel sapore amico di mirtillo ch’anneriva la sua
Terrazzina di Cicilia
Ebbra di noti e amplessi eterei d’amori
Lontani prosciugati in autostrade
Sparati alla foce dei pubs
Costipati dentro gabbie dorate
Catalogate nelle fauci azzurre
Di Verdina.






SOGNO
O dolce sogno siciliano
Che cospargi ne la sera
Le tue mete dannunziane
E freudiane,
accompagnatemi alla meta
una volta tanto, che possa reperire l’astruso
sillogismo d’una sera lulliana.

O dolce sera lulliana,
di quando scopavi con la Barbara
e la terra era mite di gramigna
e la festuca non compariva
e la rana era sigillata sotto la verzura
alla luce de le lettere
d’un amor ricordo qui perdura.


O dolce prolusione di jazzisti
Accompagnatemi alla fine
Di questa lieve poesia
Ch’adorni l’Arno e la sua meraviglia.
Ivi voglio andare il quindici di Luglio
Nel bel mezzo dell’estate ciciliana, non
Senza Taormina con annetta, per secreto ossequio
Alla severa cuginanza.










SILVANO
O monti acuti, silvani
Proteggetemi dalla voce di Annetta
Così sinuosa, così marinaresca
Della peggior troia di Borgo Nuovo
Dorata come un fringuello
O come un rospo oceanico.
Oggi sei un ibis rosso
Che non telefona.


A UN BEL SATIRO DI SPAGNA

A un bel satiro di Spagna
Si rivolgea la quaglia,
soave nell’ardore di un mattino fore
lontano da tutto e da tutti con un alce obliqua
di luna sopra la testa, che non germoglia proprio,
ma che ci illumina e non dovremo passare il tempo a dedicare or something that
diceva quello
un po’ scorbutico
ma poi si ricordava di come
aveva insanguinato Eliot
nel Duemila e se ne compiaceva
come di uno che ha ancora
una partita da giocare:
Vucciria, I cani, e il documentario intimo sulla mafia.



Il gracidare grasso di Joselia
Ch’inverata s’è nelle lontane sorgenti d’Amazzonia
E lei veste il prato del cielo di Palermo
Dolce come una metafora
E amaro come il miele
Delle case dello Zen, tutte ben ordinate
Per la domenica di Maggio.
SERA
Seguire l’africo lauro
Discolorare agl’indizi d’Autunno
Ricordare invece di com’è soave
La dolcezza gaia di Giugno.

Ricordare dei versi dolenti d’un Aprile ormai fangoso
Nella man sottile
Seguire la vena ispiratrice
Del sommo positivismo
O ricordare di quel bellimbusto
Veduto dalle parti della cala.

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